MICHELE FERRERO E IL PATTO SEGRETO CON MARIO CALABRESI

Nessuna intervista e nessuna dichiarazione ufficiale. Nemmeno quando, alla fine del proprio percorso professionale e umano, si fa più forte il desiderio di raccontare ciò che si è stati, quello che si è fatto e quello che si spera di vedere realizzato.

Sono stati tanti, tantissimi i giornalisti che avrebbero voluto raccogliere una testimonianza, anche solo brevissima, di Michele Ferrero, che in questi giorni l’intero Paese saluta con commozione, a partire dal suo affezionato Piemonte.

Uno dei pochissimi che ha avuto il privilegio di incontrarlo è stato Mario Calabresi, il direttore de La Stampa, che cinque anni fa – come ha raccontato dalle colonne del quotidiano torinese – ha avuto modo di trascorrere qualche ora con lui nello stabilimento di Alba, dove il mito della multinazionale italiana del cioccolato e della Nutella è nato. Il patto tra i due era semplice: il grande imprenditore si sarebbe prestato a raccontare della sua vita e del suo lavoro; il giornalista si sarebbe impegnato a non scrivere nulla, limitandosi a tenere per sé un ricordo a dir poco speciale.

Non è il primo patto del genere tra mondo dell’impresa e del giornalismo. Qualche anno fa Massimo Mucchetti raccontò di un accordo similare con Vincenzo Maranghi, il delfino di Enrico Cuccia. Maranghi, che aveva lasciato la guida di Mediobanca nel 2003, accolse nella sua casa davanti alla basilica delle Grazie, a Milano, il vice direttore ad personam del Correre nel dicembre del 2006, specificando che dell’incontro avrebbe potuto scriverne, ma solo dopo la sua morte.

Lo stesso Cuccia, raccontava Sandro Gerbi nel suo “Mattioli e Cuccia. Due banchieri del Novecento”, edito da Einaudi, riceveva in gran segreto Indro Montanelli, che però non riportò mai nulla di quegli incontri.

Curioso, tra l’altro, che questo aspetto accomuni Ferrero a due dei maggiori esponenti di quel mondo – la finanza – che lui ha sempre rifuggito.

Con Ferrero scompare forse l’ultimo depositario della riservatezza estrema che, però, rappresenta a sua volta una modalità di comunicazione vera e propria, capace di trasmettere dei valori in grado di contribuire concretamente alla costruzione della reputazione e dell’identità.

autore

Redazione B&P

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