INTELLIGENZA ARTIFICIALE E MACHINE LEARNING: IL GIORNALISMO ALLA CHIAMATA DELLA RIVOLUZIONE DIGITALE

La tecnologia cambia, ma il giornalismo non deve farlo.

E’ partito da qui Francesco Paulo Marconi, il responsabile dell’innovazione del Wall Street Journal, che ieri sera, a Milano, ospite di Meet the Media Guru, ha fatto il punto su come intelligenza artificiale e realtà aumentata stanno cambiando il modo di fare informazione.
Perché, ha sottolineato Marconi, quello di

“tenere sempre ben presenti i capisaldi etici e deontologici della professione resta l’unico modo per evitare distorsioni, anche molto pericolose, connesse all’impatto delle nuove tecnologie”

Nuove tecnologie che ormai stanno diventando di uso comune.
Negli Stati Uniti, ad esempio, sono sempre più numerose le testate che hanno incaricato gli algoritmi di “coprire” notizie “standardizzate” come i risultati finanziari delle società quotate o le performance sportive, lasciando ai redattori in carne ed ossa più tempo per approfondimenti e inchieste. O ancora, iniziano a diffondersi i software che permettono di adattare uno stesso contenuto a favore di pubblici diversi.

Un articolo che, ad esempio, racconta di come il Real Madrid abbia battuto nell’ultimo derby di Spagna il Barcellona, potrebbe essere titolato “Il Real non lascia scampo ai Catalani. I Blancos sono stati troppo forti” per l’audience geolocalizzata nell’area della capitale spagnola e, al tempo stesso, “Il Barça non ce l’ha fatta. La fortuna ha remato contro i Blaugrana”, per venire incontro all’audience geolocalizzata su Barcellona, sbilanciando titolo e incipit del testo a seconda delle sensibilità del pubblico.

Non mancano poi sperimentazioni più raffinate, come totem interattivi – già presenti sulle strade di New York – che, attraverso software di riconoscimento facciale (e dei relativi micromovimenti della muscolatura del volto) interpretano lo stato d’animo di chi si avvicina e suggeriscono contenuti (di tipo giornalistico e pubblicitari) coerenti con quello stato d’animo.

Un panorama complesso, quello tracciato da Marconi, destinato ad avere un impatto profondo sull’organizzazione stessa delle redazioni.

“Nasceranno nuove professioni e i giornalisti diventeranno sempre più degli information officer – ha rimarcato il redattore del Wall Street Journal – dotati di strumenti anche molto diversi tra loro per valorizzare il contenuto e renderlo fruibile al meglio”

Resta da capire come verrà governata questa rivoluzione digitale, di fatto già in corso. Anche perché il confine che separerà il sempre più elevato grado di personalizzazione del flusso di informazioni che verrà inviato ai lettori con il rischio che si generino delle “news bubble” funzionali “a ripetere quello che vogliamo sentirci dire”, è destinato a divenire davvero labile.

Con buona pace di Evelyn Waugh e della sua celebre massima per la quale “le notizie sono quella cosa che un tale che non si interessa un gran ché di nulla vuole leggere”.

autore

Nicola Comelli

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